Avvicinamento
Da Barcis si risale lungo la val Cellina fino a Cimolais dove si prosegue in direzione del passo di Sant'Osvaldo. Giunti all’altezza di Erto Nuova si piega a destra seguendo le indicazioni per la Val Zemola. La stretta rotabile sale con alcuni tornanti a monte del paese poi, dopo aver superato l’aereo imbocco della valle, prosegue su fondo sterrato raggiungendo il parcheggio in corrispondenza del divieto di transito (m 1179).
Descrizione
Dallo spiazzo dove abbiamo lasciato l’auto, seguendo le indicazioni del
Parco delle Dolomiti Friulane (CAI n.374 e 908) si imbocca la pista di sinistra (quella di destra, più bassa, è inagibile a causa di frane). Ci si alza moderatamente tra macchie di bosco e piccole radure fino al punto dove si stacca a destra la prosecuzione del segnavia CAI per la
casera Galvana e il
rifugio Maniago. Abbandonata la pista si traversa a mezza costa nel bosco in leggera discesa confluendo ben presto nella strada sterrata più bassa in località Le Grave. Ci troviamo alla confluenza dei vari rii che vanno a formare il torrente Zemola in un punto dove il greto di fondovalle è particolarmente ampio. Mirando ad alcuni cartelli si guada senza particolari problemi raggiungendo il bivio con il segnavia CAI n.374 per il
rifugio Maniago che lasciamo a sinistra. Dal greto, il seganvia CAI n.908 si inoltra in un bosco di
faggio e prende a salire in modo deciso lungo il fianco di un solco torrentizio (si tratta del Bus de la Galvana). Superato il tratto di maggiore pendenza il sentiero esce su terreno più aperto, attraversa il rio principale ed alcuni solchi secondari continuando la risalita sull’altro versante. Ormai in vista del ripiano erboso, con una ampia svolta si guadagna la piccola radura ove è situato l’accogliente ricovero
casera Galvana (m 1613). Ottimamente ristrutturato il piccolo edificio può offrire alloggio anche per la notte.
Dalla casera ha inizio l’articolato traverso in direzione del
rifugio Maniago lungo la sinistra orografica della valle, ma prima di proseguire si consiglia di raggiungere la vicina
forcella Val de Forscia (m 1661), con breve deviazione dal percorso principale. Ripreso il sentiero, si sale qualche metro all’interno del bosco fino a raggiungere un panoramico dosso erboso con
larici, costellato a giugno dalla fioritura della
genziana primaticcia,
ottimo belvedere sull’altro lato della valle. Dal ripiano si scende ripidamente lungo un colatoio malagevole dove fioriscono la
soldanella e la
dentaria a nove foglie. Si continua a scendere in una fascia di bosco su traccia ripida facendo attenzione più in basso alle evidenti indicazioni che segnalano di piegare a destra. Solo ora ci appare chiaro il motivo di questa perdita di quota in quanto il sentiero attraversa nella sua parte più accessibile un canalone stretto e profondamente inciso.
Rientrati nel bosco, si risale per un breve tratto attraversando successivamente con modesti saliscendi altri due impluvi dirupati ma non difficili (neve ad inizio stagione). Si supera poi un breve ghiaione terroso per riprendere a traversare una fascia di
mughi. Successivamente, zone di schiarita si alternano al bosco, offrendo sempre nuovi ed interessanti scorci sulla valle. Il sentiero riguadagna parte della quota persa raggiungendo un pulpito panoramico, poi prosegue in traverso oltrepassando ulteriori solchi. A ridosso delle rocce ed ai bordi di questi greti fioriscono il
ranuncolo ibrido, il
rododendro nano e l’
anemone alpino. Si riprende a traversare in moderata salita nel bosco per completare i metri che mancano a raggiungere la testata della valle ma prima ci è richiesto un ultimo attraversamento in corrispondenza della Gravina del Duranno. Qui allo sciogliersi delle nevi, osservando con attenzione le fessure delle rocce, è possibile scorgere la rara
primula tirolese. Si arriva su terreno più aperto alla base del circo detritico che scende dalla forcella del Duranno e si risale tra
mughi e
larici nani un’ultima spalla alla sommità della quale ci appare, all’ultimo momento, il ripiano del
rifugio Maniago (m 1730,
magnifica visuale sulla val Zemola.
Dal rifugio, evitando i sentieri che si inoltrano a monte, si scende in moderata pendenza lungo la via normale di salita (segnavia CAI n.374). Dopo aver attraversato il greto eroso del Gè di Bozzia si perviene al bivio con il segnavia CAI n.381. Lasciato, quindi, a sinistra il sentiero principale si imbocca la traccia di destra seguendo le segnalazioni per
casera Bedin. Entrati nuovamente nel bosco, il sentiero perde quota poi con un traverso oltrepassa l’ampio ed asciutto greto del Gè di Pezzei che ha richiesto qualche consolidamento. Il sentiero continua a traversare nel bosco con qualche piccolo saliscendi, oltrepassa una lingua di ghiaia ed una piccola sorgente poi rasenta una fascia rocciosa stillicidiosa e riprende a salire affacciandosi sull’orlo del catino barancioso sottostante alla forcella Pagnac di Fuori. Si contorna la conca, punteggiata dalla fioritura della
polmonaria sudalpina, poi, sfruttando una cengia alla base di una parete rocciosa, ci si immette nuovamente nel pendio boscato. Una ultima ripida risalita ci porta infine al
panoramico dosso di
casera Bedin di Sopra (m 1711). La casera è formata da due edifici sulla cui apertura è bene informarsi presso gli uffici del Parco delle Dolomiti Friulane.
Dalla casera si prosegue in piano, si guada un torrentello che scende dal
monte Zita, poi si contorna alla base l’ampio pendio prativo del Pian di Tamaria, dove fioriscono la
primula odorosa ed il più sporadico
giglio sambucino. Lasciare a destra i paletti che salgono verso la forcella di Zita e proseguire in traverso, comodo e pianeggiante all’interno del bosco, fino allo sbocco sulla strada della cava di marmo. Prendere a sinistra in discesa calando dapprima con alcuni tornanti poi con una lunga diagonale fino al punto di partenza.
Questa descrizione e la relativa scheda di approfondimento sono disponibili nel volume
I Sentieri dei Fiori