Avvicinamento
Da Cimolais si seguono le indicazioni del
Parco delle Dolomiti Friulane imboccando la rotabile che si addentra nella lunga
Val Cimoliana. Il transito è soggetto nei mesi estivi al pagamento di un pedaggio che viene riscosso al punto informativo presso il Ponte Compol. Si risale così tutta la valle fino a giungere a Pian Meluzzo dove si può parcheggiare comodamente (m 1163).
Descrizione
Seguendo le indicazioni per il
rifugio Pordenone si risale sulla sinistra una pista ghiaiosa. Arrivati ad un ulteriore spiazzo adibito a parcheggio si lascia sulla sinistra la deviazione per il sentiero Marini e si prosegue diritti. Dopo breve, risalita una piccola rampa gradinata, si raggiunge il ripiano boscato su cui sorge il
rifugio Pordenone (m 1249). Dal rifugio si imbocca, sulla destra dell’edificio, il sentiero CAI n.349 che prende a traversare quasi in falsopiano nel bosco. Oltrepassate alcune lingue di ghiaia si guadagna in breve lo sbocco della val Monfalcon di Cimoliana dove ha inizio la risalita (cartello in legno). Nel giro di pochi metri si esce definitivamente dalla stentata vegetazione arborea a
pino silvestre e si prende a salire il primo ripido gradone della valle su ghiaie grossolane. Guidati da frequenti ometti e da qualche segnavia, si raggiunge un ripiano superiore dove la pendenza per poco si appiana. Il sentiero si sposta ora decisamente verso sinistra per utilizzare il terreno consolidato da alcune macchie di
mugo. Poi innalzandosi, ci si avvicina al greto principale, lo si attraversa e si risale lungo il versante opposto dove macchie di verdi offrono terreno più stabile. Su queste zolle erbose e sulle ghiaie fioriscono qui dalla fine di giugno il
camedrio, la
biscutella e la
linaiola alpina mentre tra i bassi arbusti si può scorgere anche la rara
pianella della Madonna. Il sentiero passa nuovamente sul versante di destra orografica dove le ghiaie sono progressivamente sostituite da un paesaggio sempre più erboso. Lasciata a sinistra la deviazione per
forcella Cimoliana (segnavia CAI n.360, sentiero Tajariol ora dismesso), si prosegue su prati disseminati da radi
larici attraversando un’ultima volta il greto principale, ormai ridotto a torrentello. Raggiunta la base dei grandi ghiaioni che scendono dalla Cresta del Leone (sorgente sotto un masso con segnavia) si risale costeggiando un dosso erboso lungo il quale fiorisce numerosa la
primula di Wulfen. Si raggiunge così il
verde ripiano superiore, circondato da estese colate detritiche, dal quale si intravede finalmente la parte conclusiva della valle. Il sentiero risale ora ripidamente sulle ghiaie di destra poi prende a traversare in diagonale rasentando in ultimo le rocce fino a raggiungere la piccola e spettacolare
forcella del Leone (m 2290). Assolutamente da non perdere, allo sciogliersi delle nevi, la fioritura di
primula tirolese nelle fessure delle rocce e di
genziana del monte Tricorno sugli sfasciumi. Prima di proseguire è consigliabile risalire ancora qualche metro sulla sinistra fin dove la
visuale si allarga anche sull’altro versante dell’intaglio.
L'escursione prosegue nel versante opposto, inizialmente ripido, su ghiaie instabili colonizzate dall'
erba storna, fino a quando il canale si allarga e permette al sentiero di piegare a destra su fondo più consolidato. Raggiunto il pianoro sottostante, il sentiero traversa su zolle erbose e raggiunge lo sperone dove è stato ricollocato il
bivacco Marchi Granzotto (m 2152), distrutto in precedenza da una slavina. Dal bivacco si perde quota lungo i ripidi gradoni erbosi sottostanti ed in breve, seguendo i radi bolli del segnavia CAI n.359, si cala su un ampio pianoro affacciato sul successivo tratto della val Monfalcon di Forni. Tramite una sorta di corridoio naturale si prosegue a scendere lungo la valle portandosi progressivamente verso sinistra. Senza abbassarsi ulteriormente, si contorna la conca sottostante e si raggiunge il punto dove la valle forma un brusco zoccolo roccioso impraticabile. Il sentiero allora si sposta a sinistra rasentando le pareti che rinserrano la valle poi, oltrepassata una cengia rocciosa ed un successivo ripido pendio, si rituffa tra i
mughi. Per un buon tratto si scende a piccole svolte lungo un sentiero liberato dai mughi tra piccole radure e macchie di bosco misto di
faggio,
abete rosso e
larice. Successivamente si attraversa un ghiaione grossolano per proseguire poi ancora tra i baranci e raggiungere infine un ripido costone a
pino silvestre lungo il quale si scende a strette svolte. Il bosco termina in corrispondenza della ampia radura del
Cason dei Pecoli (m 1363, ricostruito di recente) dove una serie di ometti ci guida al crocevia sottostante. Qui si diramano i sentieri per la val Menon e la val di Brica ma noi prendiamo sulla destra la comoda mulattiera (segnavia CAI n.361) che discende verso la val Meluzzo. Questa rimane inizialmente sul lato destro della valle, supera un rio secondario, quindi fa coincidere il suo tracciato con il greto lungo il quale ci si destreggia seguendo i numerosi ometti. Dove la valle si restringe, le segnalazioni conducono sulla sinistra ad imboccare una pista su terreno migliore. Tramite questa dapprima ci si allontana verso sinistra, si oltrepassa l’imbocco della val Postegae e poi si riprende la direzione giusta, camminando per un tratto lungo la fiumana ghiaiosa punteggiata dalla fioritura della
aquilegia minore. Si attraversa infine la inaspettata e ampia radura di
casera Meluzzo oltre la quale si è in breve al parcheggio.
Questa descrizione e la relativa scheda di approfondimento sono disponibili nel volume
I Sentieri della Rupe